venerdì 28 ottobre 2011



 Stati d’animo di Boccioni (1911) presenta tracce di espressionismo(prima versione) e cubismo(seconda versione dopo il viaggio a Parigi).
Ogni versione dell’opera è costituita da tre sequenze.
Il distacco, d'un verde marcio, caratterizzato da linee verticali, spossatamente ondulate, “attaccate a forme di corpi vuoti possono facilmente esprimere il languore e lo scoraggiamento. Linee confuse, sussultanti, rette o curve che si fondono con gesti abbozzati di richiamo e di fretta, esprimeranno un agitazione caotica di sentimenti. Linee orizzontali, fuggenti, rapide e convulse, che tagliano bruscamente visi dai profili vaghi e lembi di campagne balzanti, danno l’emozione plastica che suscita in noi colui che parte”.
Gli addii presentano mescolate insieme caratteristiche del primo e dell’ultimo quadro.
Lunghe pennellate diagonali in Quelli che vanno di un blu oltremare ad espressione di malinconia, lasciano intravedere figure nell'atto di unirsi in un abbraccio, è un inizio: la preparazione alla dinamicità della partenza carica di emozioni.
Nella seconda versione de Gli adii , ormai la tecnica è lontana da qualsiasi naturalismo: il movimento dell'abbraccio è semplicemene ripetuto nello spazio.
il numero di serie torreggiante in arancio, accenni di caldaia, respingenti. dettagli fotografici e fumosi come possono accadere solo in un disegno onirico.

mercoledì 26 ottobre 2011


“4. Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità. Un automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall’alito esplosivo ... un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia”.
Il mito della macchina è uno dei temi centrali dell’avanguardia futurista: la macchina come prolungamento della forza dell’uomo, un meccanismo dotato di un energia nuova, sconosciuta, prorompente, rombante!
Viene rappresentato non la macchina in sé, ma le linee di forza e l’energia a tinte fortissime.

“Ritti sulla cima del mondo, noi scagliamo, una volta ancora, la nostra sfida alle stelle!”
Con queste parole si chiude il Manifesto Futurismo pubblicato da Filippo Tommaso Marinetti il 20 febbraio 1909 su “Le Figaro”.
Sulla spinta del positivismo e lo sconvolgimento culturale provocata dalla relatività in tutte le sue forme, il movimento futurista vuole abbandonare quell’asfissiante rifacimento e contemplazione del passato come se la cultura e l’arte fossero morte con loro.
“3. La letteratura esaltò fino ad oggi l’immobilità pensosa, l’estasi e il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno.”
In un urlo di protesta vogliono spazzar via, distruggere il “vecchiume” e far spazio al nuovo, la modernità esaltata all’estremo, fino a rendere arte i suoni urbani, il passaggio di un tram nella notte.

Ciao, ultimamente non ho avuto modo di beccare la connessione wireless, ma i post li scrivevo in word pronti da mettere online in tempi opportuni.
Sono arrivata a descrivere molto blandamente fino all’arte egiziana, ma a causa della scarsità di informazioni e del fatto che mi sono scocciata, passo direttamente al futurismo dato che spesso è poco trattato.
Nel 2009 ho avuto la grande fortuna di poter visitare le mostre di Roma e Milano allestite in occasione dell’evento.
La mostra di Roma (scuderie del Quirinale) l’ho visitata con molta calma ed attenzione con mia madre ed era anche molto organizzata, oltre a fornire ai comuni profani le nozioni necessarie per l’adeguato apprezzamento delle opere era dotata di effetti speciali in puro gusto futurista!
Chi ha allestito la mostra di Milano (di fianco al Duomo) non avrà certo perso il sonno per la sua organizzazione, ti forniscono di un depliant non illustrativo, due righe di spiegazione di fianco all’opera … almeno le opere sono disposte in maniera adeguata!
All’ultimo anno di liceo ho tenuto la lezione sul futurismo realizzando un power point del quale vado particolarmente fiera..purtroppo è andato perduto!
Appena lo trovo lo caricherò subito!

sabato 8 ottobre 2011





In tutto il Paleolitico la figura umana è poco frequente: le Veneri ne sono l'eccezione.
La venere è di circa 2-3cm, scolpite in vari materiali, rappresentante una figura femminile.
Abbiamo già detto che le rappresentazioni preistoriche hanno una valenza simbolica, in questo caso di fertilitità e maternità.
I canoni di bellezza di allora evidenemente non sono quelli delle fotomodelle di oggi...ma nemmeno quelli della Venere del Botticelli: fianchi larghi e fecondi, il volto inesistente come pure le braccia, il capo appena accennato, l'unica cosa rappresentata ed esasperatamente evidenziata è la fertilità simbolo di ricchezza e potenza positiva della natura.




l'arte ha inizio quando l'uomo ha cercato di esprimere le proprie intenzioni.
l'arte può assumere significati magici, di culto e realistica:
magici quando si vuole propiziare il buon esito della caccia, o la fertilità della terra;
di culto quando si riferisce alle divinità naturali come il Sole e gli Astri;
la rappresentazione realista avviene attraverso sequenze di immagini, spesso reappresentanti la vitaquotidiana come nel post precedente.
Qui è rappresentato un branco di cervi: spesso venivano incisi animali nella roccia, soprattutto dopo la caccia, per rispetto dell'anima dell'animale morto per il loro sostentamento, questa rappresentazione ha un valore magico per preservare la vita e far in modo che gli spiriti non si adirino con loro, ma mandino nuova cacciagione.




Per iniziare il nostro viaggio partiremo appunto dalle origini: l'arte primitiva!
Le prime forme espressive risalgono a 35mila a.C.
Pare che l'arte sia innata nell'uomo, basta lasciare solo un bambino piccolo con dei colori, dei fogli e dei muri bianchi e vedrete voi se preferisce i fogli o i muri!
Quest'immagine è alquanto "recente": è del neolitico e sono evidenti le palafitte.
Le più celebri stazioni palafitticole preistoriche Europee si trovano nella Savoia, Austria, Germania, Boemia, Croazia ed Italia.
La palafitta è un utile adattamento ambientale per luoghi acquitrinosi e per difendersi da belve e nemici.
Ho scelto questa immagine, anche se non è tra e più antiche, perché fa vedere l'uso del disegno primitivo e cioè illustrare la vita quotidiana non esattamente com'è, ma in maniera simbolica.
Qui vediamo le palafitte, un uomo a cavallo ed animali dentro e fuori la palafitta, ciò significa che l'uomo ha imparato a vivere in comunità, a costruire in maniera elaborata, ad allevare, cavalcare, ma usa ancora la caccia.